Iniziamo cosi per mettere subito le cose in chiaro, cari amministratori non avrete più scuse dopo aver letto questo articolo, sulla ciclabilità delle nostre città. Vivo a Vasto (CH), una città dove non esiste nemmeno UNA e ripeto UNA ciclabile urbana che serve la città nella sua pianta “centrale”, i motivi “narrati” per cui questa città è ancora in queste condizioni nel 2019 (anno corrente) sono svariati e ripetuti un po’ ovunque, ve li racchiudo velocemente:
1. la città è collinare, ci sono salite e discese. Come è pensabile metterci delle ciclabili?
2. Le strade di questa città sono strette: Come è pensabile metterci delle ciclabili?
3. Cè troppo traffico, le bici sarebbero un ostacolo alle tante auto circolanti.
4. Volontà di tutti gli amministratori fino ad ora di non prendere il toro per le corna ma fare solo proclami diluiti nel tempo.
Esempio di infrastruttura ciclabile adattata al contesto urbano. Ph: Linus Ekenstam.
Quest’ultimo punto è il più influente, mentre gli altri tre li possiamo collocare nella categoria VOX POPULI. Questa inerzia di non decidere realmente sulla città con le infrastrutture ciclabili è condizionata da due fattori, sostanzialmente da:
1. dallo scontento che genererebbe proprio la VOX POPULI che metterebbe in difficoltà chi al momento amministra.
2. il motivo è semplicemente organizzativo/culturale, cioè non è previsto pensare a questi temi. E ciao.
Il toro per le corna è rappresentato sostanzialmente dal PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) che in base alle direttive europee le città devono adottare. Essendo il PUMS un intervento complesso (prima progettuale e poi esecutivo) che fa perdere le vecchie abitudini e ne introduce nuove e mai praticate dai cittadini stessi, si capisce che lo sforzo da generare è grande, specie quello culturale. Se non è un PUMS è anche un intervento volontario del Comune su questo tema con progetti AD HOC che impattano positivamente sul trasporto, i flussi e la vivibilità ingenerale.
Ciclisti urbani in sede banchina, lo spazio è abbondante, potrebbe essere ciclabile.
Ciò detto e premesso propongo in base alla mia esperienza riscontrabile con casi esistenti che progettare soluzioni al di fuori di ogni PUMS, anti VOX POPULI e anti INERZIA AMMINISTRATIVA, cosi credo e spero nessuno potrà dire, eh ma…
Esistono dei casi in cui è possibile adattare alcuni (quindi non tutti) tratti alla ciclabilità.
Iniziamo con il caso di Francavilla al Mare, in un tratto in cui la carreggiata è talmente stretta da non immaginarci un tracciato ciclabile, eppure solo una VOLONTÀ AMMINISTRATIVA poteva creare ciò che vedete in foto. La carreggiata con corsia a senso unico è stata decisamente ristretta, ricavando cosi un tracciato ciclabile monodirezionale (che comunque viene utilizzato anche nel senso opposto), un tracciato pedonale e la conservazione sul lato opposto di parcheggi auto in linea. Su un altro tratto per garantire la continuità del trasporto si utilizza anche un marciapiede riducendo lo spazio stavolta ai pedoni con soluzioni che possiamo definire borderline con il CDS.
Il caso Francavilla, ridistribuzione “forzata” degli spazi.
Sempre Francavilla, passaggi quasi acrobatici pur di mantenere connessa la corsia ciclabile.
Altri casi come questo citato in Linee Guida per la Progettazione di Reti Ciclabili a cura dell’architetto urbanista Matteo Dondé di Milano, raffigurano la possibilità di sfruttare le banchine della careggiata ampliandole e sfruttandole come corsie di sicurezza.
In coerenza con le indicazioni Eurovelo, per volumi di traffico sino a 8.000 veicoli/giorno, è possibile limitarsi alla previsione di ampie banchine laterali realizzate con semplice segnaletica potendo la larghezza delle corsie auto – veicolari essere ridotta sino ad un minimo di 2,75 metri.
Opzione questa utilizzata in tanti Comuni coraggiosi, che hanno “mediato” con le varie dinamiche presenti quando si trattano materie come la mobilità sostenibile con soluzioni di questo genere in tratti cosi detti critici.
Sono soluzioni ad “inganno” la banchina è più larga ma diviene al tempo stesso un percorso in maggiore sicurezza per le bici. Infatti un ciclista alla destra della corsia di marcia senza banchina o con banchina stretta è percepito comunque come un fastidio, all’interno di un percorso delimitato da segnaletica viene rispettato maggiormente migliorandone la sicurezza.
Esempio di banchina allargata, sistema coraggioso possibile da adottare. [Berna – Foto Polinomia]
Poi ci sono gli spazi esistenti gia… ma chi li vede? In tanti tratti nella città esistono strade abbastanza larghe da poter ospitare percorsi riservati, come in molti casi di segnaletica obliqua per il divieto di sosta. Riconvertire questi spazi sommandoli e collegandoli a banchine più larghe + zone 30 + tracciati promiscui + tracciati ciclabili è possibile sviluppare così un lungo percorso in sicurezza senza mettere mano al rompicapo delle infrastrutture ciclabili “pesanti” regolamentate dal CDS.
Esempio di banchina laddove attualmente nemmeno esiste (foto sx), da poter sfuttare come corsia di sicurezza.
Banchina esistente, infrastruttura leggera.
Sede esistente ma non esistente.
Queste sono soluzioni che io definisco “INFRASTRUTTURE LEGGERE”, un KIT DEGLI ATTREZZI per quelle amministrazioni che fanno fatica per i motivi sopra elencati ad eseguire il LIFT-OFF sulla ciclabilità, non rappresentano quindi la soluzione definitiva da adottare sia ben chiaro. L’Italia è piena di città ancora all’anno 0 su questo tema, quindi è possibile iniziare con questo metodo per aprire la “pista della ciclabilità“.