Urbanismo

IL DESIGN DELL’ANTROPOLOGIA CICLABILE ~ Scopri come esiste una stessa gerarchia degli abitanti urbani ››

Ph: John Thachil via Unsplash

Nella gerarchia degli abitanti urbani esiste una stessa specie che si trasporta nell’era dominata dal traffico motorizzato, ma accade in pochi  luoghi, una sorta di eden della razionalità. Sì è così, ed è dimostrabile. Seguitemi.

Dunque il luogo è la Danimarca, e notavo a Copenhagen un qualcosa di impercettibile ma costante nei miei spostamenti in bici sulle ciclabili, c’era un qualcosa che era sempre presente mentre ero indaffarato su e giù per la città, ma che non riuscivo a spiegarmi, notavo una sorta di “compattezza urbana” tra ciclisti e pedoni. Lo notavo nei flussi dei marciapiedi affollati di gente e nelle ciclabili che correvano a fianco, sembrava di vedere per osmosi lo stesso flusso appartenente allo stesso corpo vivo di massa urbana.

Ma un elemento univa queste due specie dell’antropologia urbana, pedoni e ciclisti appunto, questo elemento è impercettibile, scontato, ovvio, ma che non percepivo ancora… è un elemento frutto della razionalità e della funzionalità di una cultura.

I tre principi del design danese sono scolpiti nella pietra: pratico, funzionale, elegante. Le ciclabili rientrano in questi principi a pieno titolo, devono essere pratiche all’uso, devono funzionare, quindi ti devono trasportare da A a B in sicurezza, devono avere un buon progetto quindi un buon design.

Presi in considerazione questi tre principi, torniamo ora al mio dubbio che iniziava a sovrastarmi… notai spesso che l’accesso alle intersezioni secondarie le stradine private o strade minori che non erano incluse nella categoria degli incroci vi erano delle piccole rampe in asfalto o cemento che aiutavano l’accesso sul gradino delle ciclabili per accedere poi alla strada o nel luogo oltre la ciclabile stessa.

Rampa di accesso per attraversare la pista ciclabile.

 

Anche qui come in tante parti, le rampe di accesso per attraversamento pista ciclabile.

Ops, un gradino… come un gradino? Si un gradino caspita! Ma allora è un marciapiede e non una ciclabile, notai… il nebbioso dubbio iniziava a diramarsi e prendeva forma nelle mie sinapsi ciò che avevo letto a pagina 33 del libro di Mikael Colville-Andersen, Copenhagenize The DefinitiveGuide To Global Bicycle Urbanism, parlava della gerarchia tassonomica non scritta degli abitanti urbani in Olanda e Danimarca dove ciclisti e pedoni sono considerati della stessa specie. Riporto qui il pezzo. 👇🏻

“…eppure in ciò vi è un difetto fondamentale nella percezione del ciclismo urbano che è diffuso in molte parti del mondo. Nella pianificazione danese e olandese, i ciclisti sono considerati una specie dello stesso genere dei pedoni nella gerarchia tassonomica non scritta degli abitanti urbani che si trasportano. In altre parti del mondo, dove domina l’ingegneria del traffico, i ciclisti sono erroneamente raggruppati con auto e camion e sono separati dai pedoni. È come se qualcuno pensasse “Hmm. Ruote. Tutto ciò che ruota dovrebbe andare insieme. “Era un processo decisionale meccanico che escludeva qualsiasi considerazione umana. E una volta stabilita questa categorizzazione imperfetta, ciò che seguiva stava sottoponendo i ciclisti a ogni tipo di legge sul traffico automobilistico. naturalmente, ma molte delle leggi che sono state generate per servire l’automobile nel passato non considerano la psicologia del trasporto del ciclista urbano: è come obbligare i giocatori di badminton a usare le regole del rugby nei loro tornei – il che è stravagante, ma non ha molto senso.”  (Mikael Colville-Andersen)

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Quindi assunto quest’altro concetto collego i puntini, le ciclabili danesi sono dei marciapiedi per bici, o meglio assomigliano più a dei marciapiedi che alle ciclabili che vediamo in giro per il mondo. Quelle separate con muretti, paletti, separatori di ogni tipologia, in tali casi emerge la segregazione di specie, una divisione stabilita dal codice della strada, dove chi va in bici è identificato come un utente del traffico motorizzato con tutte le conseguenze comportamentali che si possono attribuire ad un automobilista oppure ad un motociclista con le relative diatribe e conflitti di specie. Una specie antropologica urbana appunto, incompatibile a questa “natura urbana” con il traffico motorizzato, è inutile a mio avviso confinarlo nel CDS, altrimenti rischia (ma è realtà) di trasformarsi in uno “Sfigato” come descrivo in questo precedente articolo qui. Di conseguenza è l’urbanismo che deve cambiare natura, dalla natura auto-centrica tornando a quella per le persone. Lo so… fantascienza!

Concetto comune di pista ciclabile inserita nel codice della strada e non nel “codice pedonale”.

Ma invece qui a Copenhagen no, la nostra fantascienza è realtà, dunque il manto ciclabile è semplicemente poco più alto del piano stradale e separato con file di listelli in pietra proprio come un marciapiede. Il marciapiede a sua volta è poco più alto del piano ciclabile, e il gioco è fatto.

 

Doppio gradino, della ciclabile in listelli di pietra e del marciapiede.

 

Zona nuova Ørestad, ciclabile nuova ma sempre a doppio gradino.

 

In questa prospettiva si nota bene il design.

 

Un altro esempio di piccole rampe, da notare anche i tombini integrati con il gradino della pista ciclabile.

 

Classico marciapiede di Copenhagen con linee guida per ipovedenti e non vedenti. Ph: Thomas Chizzali via Unsplash

Questo design perchè è stato così realizzato? Semplice, l’approccio razionale danese si era posto la questione di dover attribuire la stessa gerarchia ad entrambe le utenze ed essendo utenze deboli e non compatibili con il traffico motoristico gli ha confezionato lo stesso design, a “forma di marciapiede”. Quello per le bici è adattato allo scorrimento quindi semplicemente liscio, quello pedonale con piastrelle in pietra di due tipologie, le piastrelle grandi al centro come guida fisica per ipovedenti e non vedenti e i sampietrini ai lati che ti avvertono nel caso perdi la “rotta” che stai andando verso i bordi, una scelta davvero lungimirante ed esempio straordinario di design funzionale in linea con la filosofia danese.

Ecco quindi, che le due categorie antropologiche urbane hanno ricevuto lo stesso trattamento egualitario. Pratico, funzionale, di design.

Ecco il modo per separare cittadini che usano le bici e vanno a piedi dalle automobili e farli rimanere semplicemente cittadini, senza ricorrere a dispositivi di sicurezza come caschi, pettorine fluò ed altri addobbi, come avevo gia descritto in questo articolo dedicato al Ciclista Sfigato. Dunque esci di casa attraverso l’ultimo gesto, quello di indossare qualcosa e di prendere le chiavi e non altro.

Ovviamente in una città come Copenhagen le ciclabili sono ovunque e formano una rete, questa rete sostanzialmente è sempre la stessa, mono-direzionale sui due lati della strada costruita allo stesso modo ovunque, tranne nei luoghi lontani dal traffico come parchi, quartieri senza auto o ponti ciclabili dove si trovano ciclabili bidirezionali come ovunque nel mondo.

Questa rete che trasporta ogni giorno migliaia di persone attraverso è così uniforme che spesso non ti accorgi nemmeno di spostarti con la massima tranquillità, in quanto non trovi differenze nel tuo viaggio urbano. L’ho provato, ed è davvero una piacevole sensazione.

Mentre ero nel flusso del rush hour con migliaia di persone si trasportano ogni giorno, su infrastrutture in scala umana.

 

La classe antropologica urbana simile al pedone è questa.

Troverai la rete sempre a fianco del marciapiede, per rafforzare il concetto descritto fino ad ora, l’appartenenza alla stessa specie urbana, che si ferma, interagisce, socializza, prende un caffè, va in un negozio o può tornare indietro… lo stesso comportamento che hanno i pedoni lo hanno anche i ciclisti, un comportamento istintivo ed imprevedibile proprio come quello che adottano gli stormi.

Gli stormi si comportano in modo istintivo, spontaneo, proprio come i ciclisti e pedoni.

È dunque questa spontaneità che si conserva per osmosi, attraverso scelte di design razionale, scusate ma la questione è davvero sottile ed è una avanguardia della ciclabilità urbana mi sento di sostenere.

 

Diverso sarebbe il comportamento in infrastrutture separate o lontane dai marciapiedi dove la segregazione fisica rende difficile questo humus urbano.

Ciclabile centrale quindi di segregazione, visione opposta al concetto espresso in questo articolo. Ph: Danique Veldhuis-Unsplash

Sicuramente Copenhagen si presta molto a questa logica, favorita da un pattern urbano molto adatto. Ma rimane in questo senso una pratica guida socio/funzionale a cui guardare.

Il risultato di questa scelta strategica e di rispetto verso le persone che non sono il traffico motorizzato, si vede chiaramente andando in giro per la città, l’interazione dell’utenza tra ciclabile e marciapiede è straordinaria.

Qui alcune foto dove si vedono persone che camminano con la bici a mano su marciapiedi per arrivare ad un negozio o nel negozio.

È l’urbanismo che preferisco, è quell’urbanismo vivo, fatto di interazione sia sociale che economica. I pianificatori delle città dovrebbero avere questi riferimenti nelle loro idee, che sono concetti antichi di fine 800 ma che funzionano meglio del modernismo che mira a città automatizzate. Ad maiora semper.