Tralasciando le origini storiche del traffico e di conseguenza della invasione delle auto nelle città, processo che ha interessato massicciamente tutta Europa (e non solo) dal dopo guerra e sostenuto dall’ingegneria del traffico che ha elevato questo mezzo di trasporto urbano come dominatore assoluto nella vivibilità delle nostre esistenze fuori dalle mura domestiche. Vi sono anche altri motivi cronici, provenienti purtroppo da una cultura della massima cubatura possibile e dalla massimizzazione degli oneri di edificazione delle amministrazioni comunali.
Vi sono quindi, città che per conformazione urbana sono più predisposte di altre ad essere auto-centriche, ossia dove l’uso dell’auto da parte degli abitanti è prevalente, in altre invece c’è una maggiore predisposizione alla sostenibilità del trasporto.
La congestione urbana deriva da diversi fattori, ma spesso è a causa del pattern urbano che la genera.
Ci soffermiamo su questo aspetto, la predisposizione di uno schema urbano piuttosto che un altro, ma sappiamo che la condizione del traffico nelle città è pressoché simile, vale a dire congestionato.
Ma ci sono alcuni pattern che producono quasi “naturalmente” congestione, ossia producono sempre più automobili come in un loop generativo, fino alla paralisi del corpo urbano.
Questa predisposizione è tendenzialmente a carico dei pattern disorganici, città espanse con una mancata pianificazione urbanistica sostanzialmente, dove le strade hanno pessimi collegamenti in rete, sono tortuose e spesso senza sbocco. Inoltre altro elemento incisivo è la lottizzazione del territorio fatta in base agli interessi privatistici che penalizzano la vera pianificazione secondo i canoni progettuali.
Questa cubatura “fai da te” produce quartieri spesso senza neanche i marciapiedi con strade strette, muretti, contro muri, dislivelli cementificati, blocchi edilizi che si sfiorano, si sovrappongono si delimitano. Luoghi urbanisticamente pericolosi per l’utenza debole. Uscire di casa significa inderogabilmente prendere l’auto e diventare utenza forte, utenza d’acciaio e di conseguenza fare tutto con essa, perchè di alternative non ce ne sono. E non vi sono nemmeno spazi (ormai tutti occupati) per strade di giunzione o di reticolato utili nella lottizzazione di un territorio prima dell’edilizia, quindi tutta questa densità abitativa si riversa sull’unica (spesso) strada di servizio rimasta all’intero quartiere che deve sopportare un carico di utenza fuori scala derivante da una mancata progettazione dei flussi del trasporto di vario livello.
Ed ecco che la combo micidiale della città disorganica fa esplodere la bomba della città autocentrica attraverso sua maestà la congestione, che si riversa in tutta l’area urbana.
Rimane quindi altresì difficile immaginare, che il trasporto pubblico possa funzionare in mondo efficiente, di fatto subisce la penalità maggiore in quanto si tratta di un trasporto cooperativo bloccato nell’ingorgo del trasporto forzatamente individuale.
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La questione diviene drammatica dal momento in cui nel un pattern disorganico non si riescono a trovare soluzioni alternative all’uso dell’auto, semplicemente perché è il pattern stesso che non lo permette. Questo fornisce frustrazione ai cittadini che si accorgono di vivere nel tetris del traffico magari in piccole/medie città di provincia, dove gli spostamenti auto avvengono anche per soli 500mt.
Una forma di assuefazione alla condizione automobilistica che non viene nemmeno più percepita dalla massa come dannosa per la vivibilità della città e per se stessi.
Questa abitudine porta alla affermazione e stabilizzazione del modello auto-centrico che è di conseguenza difficile da scardinare. Ecco perché le città auto-centriche diventano sempre più auto-centriche, cioè si avvitano su se stesse fino alla paralisi.
Siamo tra l’altro una delle peggiori nazioni dove possedere una auto, lo rivela uno studio comparativo inglese. Trascorriamo circa 6 giorni della nostra vita in auto, ma se utilizzata per andare al lavoro allora giorni salgono a 20, 130 ore bloccato nel traffico dopo l’abitazione e luogo di lavoro si inserisce l’auto come luogo che frequentiamo di più.
La ricerca di Compare the Market
– Tempo medio trascorso
– Stato infrastrutture
– Spese auto (carburante compreso)
– Tasso di mortalità
Su 22 paesi presi in considerazione l’Italia è al terzultimo posto prima di Grecia e Messico. Per non parlare del possesso auto pro capite, in Italia ogni 1.000 abitanti ci sono 663 auto.
In cima alla classifica c’è il piccolo ma ricco Lussemburgo, ci sono 681 auto per 1.000 abitanti, da tener conto che i motivi per cui si hanno questi numeri possono dipendere anche dalla grande quantità di aziende con sede nel piccolo Stato che immatricolano flotte di auto aziendali.
Poi Italia, e a chiudere il podio c’è Cipro, con 645 vetture per 1.000 residenti.
1. Lussemburgo – 681 auto / 1.000 abitanti
2. Italia – 663 auto / 1.000 abitanti
3. Cipro – 645 auto / 1.000 abitanti
4. Polonia – 642 auto / 1.000 abitanti
5. Finlandia – 642 auto / 1.000 abitanti
6. Estonia – 645 auto / 1.000 abitanti
7. Malta – 645 auto / 1.000 abitanti
8. Germania – 645 auto / 1.000 abitanti
9. Austria – 645 auto / 1.000 abitanti
10. Slovenia – 645 auto / 1.000 abitanti
—- Dati UNRAE 2022 —-
Questo dato a dir poco drammatico per l’Italia sottolinea la tesi sopra descritta sulla città auto-centrica che contribuisce ad una normalizzazione dell’abitudine, dell’uso quotidiano, anche per piccoli spostamenti, in un precedente articolo si trattava il tema del “modello ego-sostenibile dell’auto“.
La ricerca sull’uso quotidiano pare non ci sia ancora, ma di sicuro siamo anche i leader in senso negativo sull’uso procapite di micro spostamenti urbani nell’arco di un giorno, ossia utilizziamo l’auto anche per fare un servizio 500mt di distanza dall’abitazione.
LA SOLUZIONE?
In barba al paradosso di Braess, nei pattern disorganici bisognerebbe costruire nuove strade, si proprio nuove strade, rendere il più possibile organico ciò che è totalmente disorganico, ossia strade che producono una rete primaria, inserendo alcuni sensi unici nelle direttrici principali e dare così spazio al trasporto pubblico e la ciclabilità in separata sede.
Detta così pare facile, ma concettualmente è una soluzione visti i pochi margini di intervento permessi.
Problematica che non sussiste in un pattern a griglia dove è possibile predisporre sensi unici di circolazione lasciando spazio alla ciclabilità e al trasporto pubblico. Così che la città ha un potenziale sostenibile per quel che riguarda il trasporto urbano.